Non commette reato l'amministratore che non comunica la sentenza ai condòmini

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Non commette alcun reato l'amministratore che avendo l'obbligo non comunica ai condòmini sentenze relative al condominio, così impedendo la possibilità di decidere sull'opportunità di proporre appello.

La condotta del mandatario, che si limita all'omissione della comunicazione, rileva ai fini di una sua responsabilità civile nell'ambito del rapporto contrattuale con il condominio, ma non ha rilevanza ai fini penali, non ledendo la fede pubblica tutelata dalle norme del codice penale (art. 490 c.p.).

Questa, in breve sintesi, la decisione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione penale con la sentenza n. 37198 depositata in cancelleria il 26 luglio 2017 a seguito di discussione nella pubblica udienza del 28 marzo 2017.

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I fatti: l'amministratore di un condominio ometteva la comunicazione ai condòmini di due sentenze emesse contro il condominio, con ciò ledendo il loro diritto di valutare, in sede assembleare, l'opportunità di proporre appello.

Per la condotta così contestata (ai sensi degli art. 61 n.11, 81 cpv 476 e 490 c.p.), l'amministratore veniva condannato in primo grado con sentenza confermata in appello. Da qui il ricorso in Cassazione del mandatario.

Amministratore e cause condominiali

La materia dei poteri dell'amministratore in relazione alle cause condominiali, all'apparenza di facile valutazione, è in realtà scivolosissima.

Colpa, se così si può dire, della genericità dell'art. 1131 c.c. e delle letture, sovente ondivaghe, datene dalla giurisprudenza.

In breve: nelle cause di cui all'art. 1130 c.c. - quelle connesse alle attribuzioni dell'amministratore - è ritenuto pacifico che il legale rappresentate del condominio abbia autonomo potere di agire e resistere nelle controversie giudiziali senza preventiva autorizzazione dell'assemblea.

Esempio concreto di tale affermazione è rappresentato dalle cause relative all'impugnazione delle delibere condominiali, rispetto alle quali è consolidato quell'orientamento che riconosce all'amministratore il potere di agire autonomamente, resistendo alla impugnazione e se del caso proponendo appello e ricorso in Cassazione avverso le sentenze sfavorevoli.

Nelle altre ipotesi, invece, la decisione sul da farsi spetta all'assemblea.

Il problema, specie per le controversie che vedono il condominio quale parte convenuta, è che non è chiaro il confine tra prerogative dell'amministratore e competenza dell'assemblea.

Così, ad esempio, è certo che nelle cause aventi ad oggetto domande per danni da infiltrazioni rivolte contro il condominio, l'amministratore debba informare i condòmini, tanto della originaria richiesta, quanto del successivo evolversi della controversia (su tutte Cass. SS.UU. n. 18331-2/10).

La disciplina degli adempimenti connessi alle controversie eccedenti le competenze dell'amministratore e le conseguenze per il caso di inadempimento sono specificate dal terzo e quarto comma dell'art. 1131 c.c. che recitano:

Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini.

L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni.

Non è reato non dir nulla ai condòmini della sentenza, ma comunque resta un illecito civile

Se dato l'obbligo di comunicare la sentenza, l'amministratore non adempie, gli potrà essere mosso un rimprovero ai fini di una condanna per responsabilità contrattuale, ma non certo per avere violato norme penali connesse alla tutela della fede pubblica.

In tal senso la Cassazione ha specificato che l'amministratore - nel caso risolto con la sentenza n. 37198/17 - "nell'omettere di avvisare i condomini che erano intervenute le decisioni relative alle cause che vedevano coinvolto il condominio, è venuto meno ai propri doveri di amministratore ma non ha certo posto in essere una condotta che lede la fede pubblica".




Fonte: www.condominioweb.com