Amministratore di condominio e custodia delle cose comuni
Esiste una formula che esonera l'amministratore da responsabilità connesse alla custodia di cose comuni?
Tag: amministratore, condominio, parti comuni
La custodia delle cose comuni, ossia l'obbligo di vigilanza su beni di cui all'art. 1117 c.c., è posta in capo al condominio.
Nel caso di condominio che sia amministrato da una persona, l'amministratore può in qualche modo svincolarsi dall'obbligo di custodia delle cose comuni?
Ce lo domanda un nostro lettore che scrive:
«Vivo in un condominio un po' scalcagnato. Fatichiamo a deliberare lavori che ormai iniziano a diventare necessari e c'è qualche moroso che con la sua condizione di mal pagatore blocca molte iniziative di ordinaria gestione delle cose comuni.
Negli ultimi cinque anni si sono susseguiti 6 amministratori: un po' per scelte sbagliate nostre, un po' perché alcuni - due per l'esattezza, compreso l'ultimo - si sono dimessi.
Adesso che stiamo cercando l'ennesimo, uno dei possibili candidati ad assumere l'incarico -a dire il vero l'unico fino ad ora - dopo avere eseguito un sopralluogo, quindi viste le condizioni delle parti comuni e ascoltata da noi la situazione contabile ha presentato un preventivo nel quale è presente la seguente formula "Non rientra nelle prestazioni dell'amministratore la custodia delle parti comuni del condominio". Vi pare una cosa normale?»
Condominio custode delle cose comuni
Dottrina (vedi tra tutte Visentin, Trattato di diritto civile, Cedam, 2001) e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che il condominio, comunemente considerato ente di gestione, è indiscutibilmente custode delle parti comuni.
Ciò vuol dire che «il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno rispondendo, in base all'art. 2051 cod. civ., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini (nella specie, infiltrazioni d'acqua provenienti dal muro di contenimento di proprietà condominiale), ancorché tali danni siano imputabili a difetti costruttivi dello stabile."), delle quali il tetto è senz'altro una» (Cass. 12 luglio 2011 n. 15291).
Si badi: che il condominio risponda dei danni non vuol dire che i condòmini siano esenti da colpe: essi, in quanto comproprietari, sono sempre responsabili, ossia rispondono con il loro patrimonio, ai sensi dell'art. 2055 c.c. in via solidale, del risarcimento dovuto al danneggiato. Ciò tanto che quest'ultimo sia un condòmino, quanto nelle ipotesi di terzo danneggiato (Cass. 29 gennaio 2015 n. 1674).
Amministratore legale rappresentante del custode
La presenza dell'amministratore non varia la configurazione della responsabilità verso il danneggiato: al più, si dirà qui appresso, la nomina di un mandatario pone in capo ad esso delle responsabilità connesse alle attribuzioni riconosciutegli dalla legge.
Vediamo in che senso. Assunto l'incarico, l'amministratore è tenuto alla esecuzione di una serie di compiti: compiti di tipo amministrativo-contabile (riscossione contributi, pagamento fornitori, ecc.), ma il ruolo porta con sé anche il dovere di conservare le parti comuni (art. 1130 n. 4 c.c.) e predisporre interventi di straordinaria manutenzione urgente.
Facoltà, non obblighi, ma evidentemente prerogative cui è sotteso un obbligo di vigilanza sui beni condominiali.
Se non si è a conoscenza dello stato di conservazione/manutenzione delle cose comuni, come si può decidere se e quando si debbano/possano disporre interventi su di essi?
Danni da custodia in capo al condominio, salvo rivalsa verso l'amministratore
Il fatto che l'amministratore assuma il ruolo di vigilanza sui beni comuni non vuol dire che egli stesso divenga il diretto custode dei beni, ossia il primo responsabile, anche verso terzi, per quei casi di danni promananti da parti comuni.
Al riguardo la giurisprudenza espressa dalla Corte di Cassazione è chiarissima. «Il custode non può essere identificato [...] nel suo amministratore, essendo questi un mandatario dei condomini» (Cass. 29 gennaio 2015 n. 1674).
Già di per sé, afferma in sostanza la Corte, la individuazione del condominio quale custode è una fictio iuris che non elimina la responsabilità dei condòmini, veri titolari dei beni comuni: stando così le cose, come può dirsi che un loro mandatario, cioè una persona che per loro conto pone in essere determinati atti, possa essere considerato custode?
Si badi: la individuazione della figura del custode nelle persone dei condòmini (mediatamente nel condominio, cioè nel gruppo di condòmini) non fa venire meno gli obblighi verso di essi del loro mandatario.
Tra questi obblighi vi sono quelli di vigilanza e manutenzione dei beni comuni. Se l'amministratore deve vigilare sullo stato di conservazione delle cose comuni per eventualmente disporre quanto in suo potere e non fa nulla di tutto ciò, derivandone poi un danno, allora non avrà adempiuto al proprio incarico e potrebbe essere considerato responsabile verso i condòmini (si badi verso di essi, non quale custode) a titolo di rivalsa per inadempimento contrattuale.
Potrebbe, il condizionale è d'obbligo: non avere predisposto l'intervento di sostituzione delle lampadine nelle scale condominiali è cosa diversa da non aver fatto eseguire interventi di adeguamento dell'edificio alle misure antincendio: in tale ultimo caso i poteri dell'amministratore potrebbero essere limitati al mero obbligo di convocazione dell'assemblea (eventualmente anche più volte ove la stessa non deliberi) per le decisioni sul caso.
In sintesi: il custode è il condominio che, sì, può rivalersi sull'amministratore, ma se questi non ha adempiuto ai propri doveri di vigilanza che gli derivano dalla legge.
Che poi questo sia effettivamente responsabile, stresso discorso chiaramente vale per il custode, va valutato di caso in caso.
Custodia dei beni comuni, nessuna immunità per l'amministratore
"Non rientra nelle prestazioni dell'amministratore la custodia delle parti comuni del condominio".
Mai frase è più insensata . L'amministratore ha poteri di vigilanza che si traducono in doveri di valutazione dello stato delle cose comuni al fine di predisporre quanto in suo potere, ovvero sollecitare l'assemblea a fare altrettanto.
Sul punto non vi sono dubbi tra gli studiosi e la giurisprudenza (si veda ad es. Cass. SS.UU. n. 9449/2016) è dello stesso avviso.
Di più: ad avviso di chi scrive, sebbene l'art. 1130 c.c. e l'art. 1135 c.c. non siano menzionati tra quelli assolutamente inderogabili, non è dato eliminare in capo all'amministratore di condominio l'obbligo di vigilanza sulle cose comuni, in quanto connaturato all'incarico del mandatario.
Così come è impensabile che l'amministratore non sia tenuto a redigere il rendiconto annuale, allo stesso modo non può dubitarsi che sia invalida ogni pattuizione volta a eliminare elementi fondanti e caratterizzanti la sua attività.
Fonte: www.condominioweb.com