Recupero del credito degli oneri condominiali: esiste una soglia minima?
Non esiste una soglia minima del credito per agire per il recupero forzoso; esiste, anzi, l'obbligo dell'amministratore di procedere; cosa farà se l'importo è molto basso?
Tag: condominio, recupero crediti, importo dovuto
Esiste una soglia minima del credito per il recupero degli oneri condominiali?
"Avvocato, possono farmi qualcosa per duecento-trecento euro"? Questa una delle tipiche domande che il condòmino moroso rivolge (senza pagare?) al proprio avvocato.
Cosa dovrà rispondere l'avvocato? Così: "Certo che sì, duecento, trecento euro possono essere un bel gruzzoletto soprattutto se le casse del condominio non sorridono!"
Battute a parte - i clienti possono essere molto permalosi quando si tratta di soldi - l'avvocato dovrà mettere in guardia il proprio cliente, avvertendolo che per legge non c'è un limite minimo d'importo perché si agisca per il recupero del credito, anzi c'è un limite massimo di tempo entro il quale l'amministratore deve agire.
Tutto il contrario di quanto spererebbe il nostro cliente-condòmino, dunque. Naturalmente, se l'importo è davvero basso, ragioni di opportunità potranno indurre l'amministratore a temporeggiare e rimandare l'azione legale. Approfondiamo quanto dispongono le norme e concludiamo con alcune considerazioni di tipo pratico.
Obbligo di recupero del credito per l'amministratore
Innanzitutto, come accennato, non esiste un minimo del credito da raggiungere, ma, al contrario, l'amministratore è tenuto ad agire in via giudiziale per il recupero del credito entro un certo lasso di tempo.
L'obbligo, in capo all'amministratore, di agire per il recupero del credito esisteva già prima della riforma del condominio (L. n. 220/2012) ed era previsto dall'art. 1130 co.1 n. 3 c.c.; con la riforma, come forse ormai è noto ai più, è stato introdotto un limite temporale entro il quale l'amministratore deve attivarsi: l'art. 1129 co.9 c.c. ora prevede (tra l'altro) che "Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del presente codice", cioè anche (ma non solo) tramite la richiesta dell'emissione di decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo sulla base dello stato di riparto approvato.
Se l'amministratore non procede al recupero, rischia grosso: espressamente non è prevista nel codice alcuna conseguenza diretta del mancato adempimento di tale compito; le due norme ricollegabili ad esso, anche se non direttamente, sono contenute nell'elenco (solo esemplificativo) delle ipotesi di grave irregolarità che possono giustificare la richiesta di revoca giudiziale e sono l'una, nell'art. 1129 co.9 n. 6, che ricomprende la mancata cura diligente dell'azione e della conseguente esecuzione coattiva del credito qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio; l'altra, nell'art. 1129 co.9 n. 5, che attiene all'ipotesi in cui l'amministratore abbia acconsentito, in relazione ad un credito non soddisfatto, alla cancellazione di formalità su registri immobiliari effettuate a tutela dei diritti del condominio.
Ma l'elenco contenuto nell'art. 1129 co.9 c.c. è solo esemplificativo, come detto: dunque, il condomino anche singolarmente potrà richiedere la revoca al giudice sulla base di altri motivi e questi potrà concederla.
Peraltro, ove dovessero verificarsi le condizioni, l'amministratore potrebbe anche rischiare la richiesta di risarcimento dei danni derivati al condominio dal mancato esperimento del recupero del credito.
Dunque l'amministratore, se diligente, agirà senza indugi per il recupero delle somme dovute dai condòmini.
Un importo minimo non c'è, però…
Dunque, non esiste un minimo al di sotto del quale l'amministratore non può attivarsi; anzi, il Legislatore ha deciso di pungolare l'amministratore affinché si attivi, avendo posto in caso contrario a rischio il suo stesso incarico.
È chiaro che ove il credito dovesse essere davvero basso, potrebbe sconsigliare obiettivamente l'esperimento dell'azione di recupero e l'amministratore potrebbe temporeggiare ed attendere di vedere se la somma sale o scende.
Il tutto dopo un'analisi della situazione complessiva, che ad es. tenga conto dello stato delle casse del condominio, delle "abitudini" di pagamento del condòmino moroso, delle spese che l'amministratore si aspetta di sostenere nella gestione futura, delle probabilità di recupero del credito tramite azione giudiziale; sì, perché anche l'azione giudiziale comporta un dispendio di costi, che con una certa probabilità saranno rimborsati, ma non è detto.
Tale decisione sarà opportuna a maggior ragione se riferita ad un credito molto basso, ma non è escluso che venga adottata anche per importi elevati, se è, ad es., altamente probabile che non si recupererà (ma non si può mai dire…): in tal caso sarà necessario che la decisione sia adottata dall'assemblea; precisiamo che nel caso in cui il credito sia molto basso, ferma restando la lettera della legge (che all'art. 1129 co. 9 c.c. su citato prevede la dispensa dell'assemblea senza specificare gli importi) la necessità della dispensa dell'assemblea andrà valutata caso per caso: convocare l'assemblea per un credito di cinquanta euro non ha di per sé obiettivamente molto senso; potrebbe accadere però ad es. che i crediti molto bassi siano numerosi e che insieme facciano una somma importante; dunque, non si può dire in astratto quale sia l'iter da percorrere; da parte dell'amministratore, quello che bisogna fare è conoscere la legge ed operare una valutazione concreta sul da farsi che all'esito dia conto di un comportamento diligente; quello che il condòmino a sua volta può fare, se in difficoltà, onde evitare l'azione legale con importante aggravio di costi per lui, è a sua volta mostrarsi diligente e ad es. cercare di raggiungere un accordo con il condominio sulla modalità di pagamento.
Recupero del credito e abuso del diritto
Per completezza, ricordiamo infine che nel tempo, sebbene non con riferimento al recupero degli oneri condominiali, la giurisprudenza ha sviluppato il concetto di abuso del diritto.
Ad es. si è detto che "Gli elementi costitutivi dell'abuso sono allora tre: la titolarità di un diritto soggettivo, con possibilità di un suo utilizzo secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; l'esercizio concreto del diritto in modo rispettoso della cornice attributiva, ma censurabile rispetto ad un criterio di valutazione giuridico od extragiuridico; la verificazione, a causa di tale modalità di utilizzo, di una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare ed il sacrificio cui è costretta la controparte" (Trib. Reggio E. n.964/2015 e v. anche Cass. n. 20106/2009).
L'abuso del diritto, si è detto anche, "delinea l'utilizzazione alterata dello schema formale del diritto, finalizzata al conseguimento di obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal Legislatore"… ed è "ravvisabile, in sostanza, quando, nel collegamento tra il potere di autonomia conferito al soggetto ed il suo atto di esercizio, risulti alterata la funzione obiettiva dell'atto rispetto al potere che lo prevede" (Cass. n. 20106/2009).
Non risultano però sentenze che abbiano deciso in tal senso in relazione all'attivazione di azioni giudiziali per crediti esigui; tale elemento non è evidentemente il solo da valutare: il creditore ha diritto a recuperare il dovuto, ed in ogni caso il richiamo a tale principio sarà valutato con rigore dal legale cui sarà affidata la pratica, senza, come si vuol dire, facili entusiasmi da parte del debitore.
Fonte: www.condominioweb.com