Società che amministra condomini e deleghe di partecipazione all'assemblea

Ecco perchè non è possibile concedere la delega ai soci amministratori della srl

Tag: condomini, assemblea, partecipazione, deleghe

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È annullabile per violazione delle norme sulle deleghe la deliberazione dell'assemblea del condominio alla cui riunione hanno partecipato come delegati dei condòmini alcuni soci amministratori della s.r.l. amministratrice del condominio
Questa, in breve sintesi, la conclusione cui è giunto il Tribunale di Pordenone con la sentenza n. 180 depositata in cancelleria l'1 marzo 2018.
Il principio espresso dal Tribunale friulano unitamente alle motivazioni a suo sostegno meritano interesse in quanto consentono, superando quei formalismi che potrebbe derivare da una interpretazione rigida della norma, di dare risposta anche a fattispecie simili.
Il caso: dei condòmini impugnano la deliberazione dell'assemblea del condominio cui partecipano, contestando - tra le varie cose - che alcune deleghe erano state concesse a persone che rivestivano la qualità di soci amministratori dalla società mandataria del condominio.
Insomma per essi le deleghe così conferite violavano il disposto di cui all'art. 67 disp. att. c.c.
Deleghe a partecipare all'assemblea di condominio, limiti e divieti
Quando si parla di deleghe per partecipare all'assemblea condominiale, come appena accennato, uno dei punti di riferimento per valutarne la legittimità è rappresentato dall'art. 67 delle disposizioni di attuazione del codice civile. Tale norma, nei suoi vari commi, specifica che:
• la delega deve essere scritta (primo comma);
• se i condòmini sono più di venti (cioè ventuno) il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale (primo comma);
• in nessun caso può essere conferita delega all'amministratore di condominio (quinto comma), ossia né per partecipare all'assemblea del condominio, né per prendere parte a quella del supercondominio.
La norma è tra quelle che l'art. 72 disp. att. c.c. ha dichiarato assolutamente inderogabili, ovverosia non modificabili nemmeno da un accordo intercorrente tra tutti i condòmini e rientrante o in un regolamento contrattuale oppure in altro patto.
La loro violazione, comunque, attenendo al procedimento di formazione e composizione dell'assemblea condominiale e più nello specifico alla sussistenza dei quorum costitutivi e deliberativi, comporta l'annullabilità delle delibere, con conseguente necessità di contestazione della loro violazione entro trenta giorni dalla deliberazione o comunicazione del verbale a seconda della presenza o assenza del condòmino dalla riunione.
Deleghe all'amministratore e a soggetti equiparabili
Come si accennava, la legge vieta di conferire all'amministratore di condominio le deleghe a partecipare all'assemblea. Si tratta di un divieto che così impedisce l'espressione di un voto che potrebbe essere considerato in conflitto d'interesse.
La sentenza n. 180 specifica che così com'è formulata la norma, si deve intendere che il voto espresso dall'amministratore di condominio delegato dal condòmino è sempre considerato in conflitto d'interesse, senza possibilità di dimostrazione del contrario.
Il problema s'è posto e si pone - basta leggere il nostro forum per averne l'idea - in casi in cui la delega non è direttamente conferita all'amministratore, ma ad un soggetto a questi molto vicino.
Nel caso dal Tribunale di Pordenone, dalla lettura della sentenza, si evince che la delega non era stata conferita alla società in persona di qualcuno, ma a dei soci personalmente, che comunque di quella s.r.l. erano amministratori.
Il ragionamento di chi s'era procurato la delega, evidentemente convinto della legittimità del proprio operato, è stato pressappoco questo: siccome l'amministratore è una società di capitali - ossia soggetto di diritto differente dai suoi cosi - il conferimento di deleghe ad uno dei soci sia pur amministratore della società, ma non in tale sua veste, non rappresenta violazione del quinto comma dell'art. 67 disp. att. c.c.
La sentenza non ha accolto questa prospettazione affermando che «la distinzione soggettiva, […], fra la società e i suoi amministratori assume, nella presente fattispecie, rilevanza meramente nominalistica, con l'evidente conseguenza che le deleghe impugnate sono state conferite in spregio della ratio espressa dal quinto comma dell'art. 67 disp. att. c.c.».
Non solo: nel caso di specie era stato altresì dimostrato come i soci delegati avessero preso parte attiva alla gestione del condominio, convocando l'assemblea, predisponendo il rendiconto, mantenendo i contatti con i terzi ed i condòmini, insomma avessero compiuto attività gestorie.
Il principio, ovvero quello di non considerare determinante la rilevanza meramente nominalistica della distinzione tra amministratore e suo socio, per lo scrivente assume valore anche in relazione ad altre fattispecie assimilabili.
Si pensi a quei casi in cui le deleghe sono conferite a collaboratori ovvero parenti ed affini dell'amministratore persona fisica. In tali casi il conferimento di deleghe potrebbe essere considerato elusivo del disposto di cui all'art. 67, quinto comma, disp. att. c.c.
Certo, non si può dare certezza assoluta a quest'affermazione, che comunque andrebbe ben circostanziata con prove volte e dimostrare che la persona delegata possa essere considerata assimilabile all'amministratore.

Fonte: condominioweb