La valutazione della correttezza dell'operato dell'amministratore di condominio e i limiti del singolo condomino

Il singolo condomino può agire in giudizio solo perché non soddisfatto del lavoro dell'amministratore senza aver prima provocato la convocazione dell'assemblea condominiale?

Tag: condominio, amministratore, oprato, condomino

vacanze

Accade spesso, nelle varie realtà condominiali, che non sempre l'opinione dei condomini sia unanime nel valutare la correttezza dell'operato dell'amministratore, così come succede che uno o più condomini per una propria personale valutazione, non ritenga consono agli obblighi di legge il lavoro svolto da tale professionista.

Ma la domanda che si manifesta al cospetto di tale ipotesi è la seguente: il singolo condomino può agire in giudizio solo perché non soddisfatto del lavoro dell'amministratore senza aver prima provocato la convocazione dell'assemblea condominiale? Il Tribunale di Napoli affronta tale tematica soffermandosi sul rapporto che si instaura fra condominio ed amministratore.

La vicenda. Il proprietario di un immobile ubicato in un complesso condominiale cita in giudizio l'amministratore deducendo che l'edificio necessita di immediati interventi di ripristino e messa in sicurezza evidenziando che a fronte della situazione venutasi a creare, e della scarsa manutenzione dei beni comuni, lo stesso sia venuto meno agli obblighi che la legge pone a suo carico primo fra tutti quello sancito dall'articolo 1130 c.c. che impone all'amministratore l'obbligo di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni.

Alla luce di tali circostanze l'attore, preso atto che i comportamenti omissivi dell'amministratore hanno determinato un deprezzamento degli immobili di sua proprietà, ha chiesto il risarcimento dei danni quantificati in oltre venticinquemila euro nonché la condanna del convenuto ad eliminare tutte quelle modifiche apportate alle parti comuni dello stabile che hanno determinato un evidente pregiudizio del decoro architettonico. L'amministratore, malgrado sia stato regolarmente citato, non si è costituito.

La sentenza. Il Giudice della sesta sezione civile del Tribunale di Napoli ha respinto la domanda del singolo condomino volta a far dichiarare l'inadempimento del convenuto al rapporto di mandato che, è bene ricordare, intercorre tra l'amministratore ed il condominio, nonché ad ottenere l'adempimento di tale contratto ed il risarcimento de danno. (Tribunale di Napoli, VI sez.civ., 2.2.2018 n. 1146)

Per comprendere a fondo l'esito del giudizio la pronuncia si sofferma sull'ammissibilità dell'azione giudiziaria proposta dal singolo condomino tenendo conto dell'investitura che l'amministratore riceve dalla collettività condominiale, con l'osservanza della maggioranza prevista dal quarto comma dell'articolo 1136 del codice civile secondo cui le deliberazioni che prevedono la nomina e revoca dell'amministratore devono essere assunto con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell'edificio. Orbene, precisa un passaggio cruciale della sentenza, proprio attraverso il rispetto del criterio della maggioranza il legislatore garantisce la cura dell'interesse condominiale.

Fra l'altro tanto la giurisprudenza quanto la dottrina sono concordi nel ritenere che l'attività di gestione dei beni compiuta dall'amministratore non è altro che il risultato e la funzione tipica del contratto di mandato che si instaura, ricordiamolo, fra condominio ed amministratore.

Ovviamente le norme che disciplinano il mandato trovano applicazione solamente fino a quando siano compatibili con quelle che sono le specifiche disposizioni previste in materia di condominio: ove la volontà del condominio si manifesta attraverso le deliberazioni dell'assemblea che l'amministratore ha l'obbligo di eseguire.

In caso di irregolarità ed operato non soddisfacente l'amministratore, ai sensi dell'art. 1129 c.c., lo stesso può essere revocato in ogni tempo dall'assemblea e quindi anche prima della scadenza annuale del suo mandato, senza alcuna motivazione ed indipendentemente dall'esistenza di una giusta causa.

Tale norma, chiarisce la giurisprudenza, persegue come finalità quella di garantire che la gestione di beni e servizi comuni riscuota costantemente la fiducia dei condomini. (Cass. civ. sez.II, 9082/2014). (A tal proposito di revoca dell'amministratore a sua insaputa e di ipotesi in cui i singoli condomini possono provvedere personalmente alla convocazione dell'assemblea si segnala il seguente contributo dell'avv.

Gallucci: Che cosa può fare l'amministratore revocato a sua insaputa?>>; sempre dello stesso autore si segnala anche l'articolo che affronta il tema della convocazione, da parte dell'amministratore revocato, dell'assemblea per la nomina del suo successore Amministratore revocato e nuova assemblea>>)

E' evidente che parte del rapporto di mandato che si instaura fra amministratore ed il condominio, è esclusivamente l'ente di gestione che esprime la sua volontà attraverso l'assemblea e non di certo il singolo condomino.

Proprio in relazione all'esclusione della legittimazione del singolo condomino ad agire, in sede contenziosa, nei confronti dell'amministratore si segnala l'intervento della giurisprudenza di legittimità secondo cui " l'esclusione della legittimazione del singolo condomino ad agire in sede contenziosa per lo scioglimento del rapporto di mandato- al fine di ottenere una pronuncia di risoluzione del contratto, di tipo costitutivo- come pure per dolersi dell'inerzia dell'amministratore nel compimento di atti di ordinaria amministrazione, deriva dai principi fondamentale che presiedono alla disciplina condominiale, in particolare dal principio che le scelte relative alla amministrazione del condominio sono riservate alla collettività dei condomini, e sono compiute dagli organi e nelle forme determinate dalla legge" (Cass. sez.II, 7613/1997).

Lo stesso intervento della Cassazione evidenzia che gli atti di conservazione rientrano tra gli atti di amministrazione ed il giudice che sia eventualmente adito in via contenziosa non può stabilire se un determinato atto debba compiersi né se una spesa debba essere sostenuta perché si sostituirebbe alla volontà della collettività condominiale.

Sempre la Cassazione, nell'ambito della sentenza appena citata, si riporta una pronuncia a Sezioni Unite che, qualche decennio fa, ha già ampliamento chiarito che "…l'inerzia dell'amministratore, che si rifiuti di compiere gli atti di ordinaria amministrazione, non legittima il singolo condomino a rivolgersi al giudice in sede contenziosa senza aver prima convocato l'assemblea condominiale" (Cass. Sez. Un., 4213/1982)

Gli stessi principi vengono ripresi anche da un intervento della giurisprudenza di legittimità più recente che ribadisce che il singolo condomino non può agire in sede contenziosa nei confronti dell'amministratore ogni qualvolta ritenga la condotta di quest'ultimo non consona ai propri interessi. (Cass. civ., 20.3.2017, n. 7095)

In base a tale chiara ricostruzione la sentenza del Tribunale di Napoli si conclude con il rigetto tanto della domanda che chiede al giudicante di sostituirsi all'amministratore obbligando quest'ultimo al compimento degli atti di ordinaria amministrazione, quanto della domanda di risarcimento dei presunti danni sopportati dall'attore.

Fonte: condominioweb