Il condominio sfratta le slot machine
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La vicenda. In un quartiere di Torino, alcuni locali di un condominio ospitavano le «c.d. macchinette mangia soldi» generando il malumore del vicinato e da parte degli stessi condomini.
Tra i contestatori c'era anche la parrocchia che aveva proposto la raccolta firme al fine di chiedere la chiusura dell'attività.
La sala giochi, tuttavia, era un'attività regolare in quanto fornita di autorizzazione della prefettura e quindi non era tenuta a rispettare i regolamenti comunali che mettono paletti come la distanza minima dai luoghi di culto o fasce orarie «protette».
Premesso quanto esposto, i condomini (del condominio interessato dai locali) adivano la magistratura per la cessazione dell'attività di gioco in quanto, il regolamento del condominio prevedeva espressamente il divieto del gioco.
=> Vietata l'apertura della sala giochi grazie al regolamento condominiale
Il regolamento di condominio. A tal proposito si osserva chei divieti e le limitazioni possono essere formulati nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare (in questo secondo caso, naturalmente, al fine suddetto, è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vogliono evitare)" (Cass., n. 1560 del 1995; Cass., n. 9564 del 1997; Cass., n. 11126 del 1994).
Il Tribunale di Torino. Nella vicenda in esame, il giudice civile ha dato ragione ai condòmini contro la società proprietaria che affittava lo spazio alla società delle slot-machine.
Secondo il giudicante quella vecchia clausola del regolamento condominiale va rispettata. I gestori hanno desistito di fare appello contro la sentenza, in quanto il regolamento risaliva a prima che le slot-machine fossero inventate, e che non era una sala giochi, ma una sala scommesse.
Alcuni precedenti giurisprudenziali. Dal punto di vista civile è stato evidenziato che in caso di violazione del limite della normale tollerabilità, posto dall'art. 844 c.c., in virtù di schiamazzi e rumori provocati dall'attività di una sala giochi, ed essendo risultato vano ogni possibile accorgimento per ricondurre i rumori entro il suddetto limite, ricorrono gli estremi per disporre la cessazione dell'attività contraria al regolamento svolta dal convenuto (Trib. Torino civile Sentenza 21 gennaio 1991).
In ambito penale, invece, in altra vicenda la titolare di una sala giochi è stata condannata ad un'ammenda di 200 euro, colpevole del reato di cui all'art. 659 c.p.: il giudice aveva osservato che le rilevazioni fonometriche avevano accertato che «in orario notturno il rumore misurato nell'abitazione del denunciante a finestre aperte si innalzava da 37 dB a 43 dB per effetto dell'immissione sonora provocata dai rumori dei condizionatori.
Tale incremento si poneva in contrasto con i dettati dell'art. 4 del D.P.C.M. 14 novembre 2007, il quale fissa i valori limite differenziali di immissione di 5dB in orario diurno e in 3dB in orario notturno.
Inoltre – e qui si giunge ad un punto particolarmente contestato – le rilevazioni fonometriche […] evidenziavano […] livelli significativi di rumorosità prossimi al limite assoluto (Cass. pen., sez. III, 23 febbraio 2015, n. 7912)
Fonte: www.condominioweb.com