L'amministratore di condominio "tuttologo", tra disinformazione o cattiva formazione professionale?

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Sedute nelle nostre poltrone in circolo, nella sala del nostro gruppo di studio abbiamo steso sul lettino di terapia più volte il nostro caro amministratore di condominio. E devo dire che più andiamo avanti con l'esplorazione del vissuto del nostro soggetto più ci rendiamo conto di quanto sia complesso il suo mondo, sia quello pratico che quello interiore.

=> E se il condominio diventasse "pazzo"? Verso la formazione psicologica dell'amministratore.

Stavolta la questione è molto articolata. Un amministratore in particolare ci ha sollevato un dubbio: è possibile che la stima che io ho del mio lavoro sia collegata in qualche modo alla mia formazione?

Una domanda di questo tipo, ad un occhio clinico, fa immediatamente pensare che il professionista stesso ravvisi una falla nel suo sistema formativo. Ma noi siamo andate un po' più a fondo.

Seppure -tengo a precisare- non ci sia ancora stata la possibilità di scendere nel merito per rilevare con canoni scientifici e strumenti metodologici le leve che influiscono sulla percezione dell'amministratore di se stesso, una qualche considerazione è giusto farla.

Come sempre partiamo dal pratico. Abbiamo detto che la relazione tra un professionista ed un cliente non trova mai la sua buona riuscita nelle facoltà di uno solo.

La relazione sta nel mezzo.
Abbiamo anche detto che se l'amministratore allontana dal reale il suo ideale di professionista, assumendosi tutto il carico morale della responsabilità di questa relazione si espone gravemente alla tragicità del conflitto che può nascere con il gruppo condominio.

Ma quanto è importante la formazione nell'autopercezione

dell'amministratore di condominio?

Vi propongo una riflessione. Quanti di noi vedono esponenti di realtà associative camminare a testa alta e con le spalle aperte, con atteggiamenti da leader? Quante volte, rivolgendo richieste pratiche a queste persone sul come fare a gestire un conflitto avete ricevuto risposte precise? Quante volte invece confrontandovi con colleghi, che sembrano avere la verità nella valigetta insieme ai bilanci e alle bollette pagate, avete appurato intimamente che ha le stesse identiche nozioni che avete voi… che al contrario vi sentite più esposti e in qualche modo deboli?

E allora, qual è la differenza tra voi ed un altro?

Vi ricordate dei tempi del liceo? Il primo della classe era quello che sapeva più cose, che studiava bene. Ma era anche quello che:

  • Si sentiva preparato, quindi inattaccabile.
  • Era riconosciuto ( in termini di riscontro sociale coi professori e con gli altri studenti) come preparato e competente.

Veniamo all'amministratore. Il nostro eroe incompreso è chiamato a sapere ogni cosa.

Se vuole essere competente deve avere superato gli esami nelle seguenti materie: legge, contabilità, burocrazia, manutenzione, impiantistica, urbanistica, giardinaggio, idraulica, elettronica, automazione.

Credo esista anche una laurea breve in ‘'diritto dell'ascensore''.
Facciamo il parallelo con lo studente. E domandiamoci:

  • L'amministratore ha modo di sentirsi preparato? Risposta: difficilmente. Tanti sono gli aggiornamenti e tanto è ‘'incommisurabile'' la sua preparazione effettiva che ci sono veramente poche vie affinchè l'amministratore si senta definitivamente preparato.
  • L'amministratore è riconosciuto come preparato? Risposta: stendiamo un velo di pietà.

    L'amministratore viene giudicato dai condomini non per le effettive capacità e per la sua preparazione, quanto sulla base dell'idea che il condomino ha dell'amministratore…attraverso uno stereotipo!

  • L'amministratore deve sapere tutto e deve fare tutto. Deve! Per il condòmino ( o per la maggior parte di essi, stando a quello che ci raccontano i nostri amministratori).

Oggi giorno non esiste un albo degli amministratori che tuteli sia il ben fatto del professionista sia il committente del servizio si amministrazione condominiale.

Esistono delle normative e delle discipline che sono di non chiarissima interpretazione anche per gli addetti ai lavori. Figuriamoci un po' per i condòmini.

Quale potrebbe essere una soluzione affinchè il professionista si senta professionista?
Io non ho la verità in valigetta, fortunatamente per la valigetta.
Però posso portare un vissuto e metterlo a disposizione di una riflessione.
Nella materia della psicologia, che tratta di meandri ignoti ed intangibili dell'essere umano, moltissimi professionisti e colleghi sono pronti ad attaccare, proprio perché non esiste, come in medicina, un dato rilevabile e tangibile di ciò che si pensa, si dice o si ipotizza.

Ciò che personalmente, con molta umiltà, mi rende sicura di ciò che dico è accertarmi di ciò che dico. Semplice. E questo lo si fa soltanto con seguendo due linee guida: la prima è l'aggiornamento continuo. La seconda è l'esperienza e lo studio del particolare dato che si vuole approfondire.

La materia condominiale è molto complessa, proprio per la carenza di quei punti cardine di cui giovano altre categorie professionali, ed in questa baraonda l'amministratore serio e competente ed onesto si trova troppe volte ad essere attaccato da persone, siano esse colleghi o clienti.

L'amministratore non è sorretto, in termini psicologici, neanche da un paravento giuridico chiaro, che ne delimiti chiaramente confini professionali.

=> Formazione periodica amministratori di condominio, facciamo chiarezza sulle ore

Un primo modo che hai, mio caro Amministratore, per affrontare testa alta tutto questo è affrontarlo a testa alta e a muso duro, con amore e passione per la professione che hai scelto e con forte spirito di abnegazione.

L'aggiornamento continuo, metodico e costante rende il professionista salvo da vacillare sul proprio baricentro, l'unico che non cambierà mai.

Federica Riccardi
Dott.ssa in psicologia clinica e psicologia del lavoro
www.garantecondominio.it




Fonte: www.condominioweb.com