Rumori in condominio. Responsabile il proprietario del cane che abbaia disturbando i vicini
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L'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone può essere accertata dal giudice da elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti.
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“Lasciar libero di abbaiare il proprio cane disturbando i vicini può comportare l'illecito penale”. Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione Penale con la sentenza n.45967 del 6 ottobre 2017 in materia di disturbo delle occupazioni.
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La questione. Con sentenza il Tribunale di Trapani dichiarava Tizio responsabile del reato di cui all'art. 659 c.p. per non aver impedito il continuo abbaiare del proprio cane, in orario sia diurno che notturno, dallo stesso tenuto all'esterno dell'abitazione, in zona abitata a parcheggio. In tal modo arrecava disturbo al riposo delle persone. Per tali motivi, Tizio è stato condannato a 200 euro di ammenda.
Avverso tale sentenza, Tizio ha proposto ricorso per Cassazione evidenziando che il cane non era di sua proprietà.
Gli animali domestici in condominio. La legge di riforma del condominio (legge 220/2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013) ha introdotto, all'articolo 1138 del Codice civile, il 5° comma, il quale prevede che «le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici». La norma recepisce i princìpi che la giurisprudenza ha elaborato nel tempo, proprio con riferimento alla disposizione contenente il divieto di detenzione di animali negli spazi privati.
In particolare, l'introduzione del citato divieto è stata preceduta dai principi elaborati dalla giurisprudenza che, nel prendere posizione in merito alla legittimità dei regolamenti che vietavano l'accesso e il mantenimento di animali domestici negli appartamenti, aveva più volte sostenuto la necessità che essi fossero espressione, in caso di regolamenti assembleari, dell'unanimità dei consensi del condomini, siccome atti ad incidere, menomandole, sulle facoltà comprese nel diritto di proprietà, sia comune che esclusivo, dei singoli ovvero, in caso di regolamenti contrattuali (quelli predisposti dall'originario unico proprietario), che fossero richiamati negli atti di acquisto, costituendosi con essi servitù reciproche (Cass. 25.10.2001, n. 13164; Cass. 15.2.2011, n. 3705).
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Il reato del disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone: le diverse fattispecie di un unico reato. L'illecito (art. 659 c.p.) disciplina un reato contravvenzionale, ciò vuol dire che il comportamento illecito potrà essere sanzionato sia a titolo di dolo (detto più semplicemente per aver fatto rumore volontariamente) sia a titolo di colpa (per aver tenuto non volontariamente ma incautamente determinati comportamenti). L'interesse tutelato è l'ordine pubblico ossia la quiete pubblica e privata.
Sull'argomento in esame, lagiurisprudenza di legittimità, ha avuto modo di precisare che l'articolo 659 cod. pen. prevede due autonome fattispecie di reato enunciate, rispettivamente, nel comma 1 e nel comma 2.
L'elemento distintivo tra le due fattispecie è costituito dalla fonte del rumore prodotto, nel senso che laddove tale rumore provenga dall'esercizio di una professione o di un mestiere rumoroso, la condotta rientra nella previsione del secondo comma del citato articolo per effetto della esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell'autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità.
Di contro, laddove le vibrazioni sonore non siano causate dall'esercizio dell'attività lavorativa, ricorre l'ipotesi di cui all'articolo 659 cod. pen., comma 1 per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo (Cass. Penale 16 aprile 1999, n. 4820).
In particolare il comma 1 della norma suddetta disciplina l'ipotesi avente per oggetto il disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone e richiede l'accertamento in concreto dell'avvenuto disturbo, mentre l'ipotesi contemplata nel comma 2, che concerne l'esercizio di professione o mestiere rumoroso, prescinde dalla verificazione del disturbo, ricorrendo una sorta di presunzione legale di rumorosità collegata al verificarsi dell'esercizio del mestiere rumoroso al di là dei limiti tempro-spaziali e/o delle modalità di esercizio imposto dalla legge, dai regolamenti o da altri provvedimenti adottati dalle competenti autorità (così anche Cass. Penale 12.6.2012, n. 39852).
I precedenti giurisprudenziali in merito ai rumori prodotti dai latrati dei cani. Il rumore di un cane che abbaia è comunque un'immissione. A tal proposito perché si possa procedere ad un reclamo non è sufficiente che un vicino lamenti il rumore dell'abbaio.
Difatti proprio con riferimento al latrato notturno dei cani, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659, comma 1, c.p., è necessario che i lamentati rumori abbiano attitudine a propagarsi ed a costituire quindi un disturbo per una potenziale pluralità di persone, ancorché non tutte siano state poi disturbate… è necessario tuttavia che i rumori siano obiettivamente idonei ad incidere negativamente sulla tranquillità di un numero indeterminato di persone" (Cassazione n. 1394/1999).
Quindi affinché l'abbaiare di un cane possa avere rilevanza penale per il proprietario, è necessario che le emissioni sonore moleste siano idonee ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone in presenza di un luogo abitato. Non c'è reato se il disturbo è limitato ai soli vicini di casa (Cass, penale Sezione I sentenza del 11/04/2012 n. 15230).
Da ultimo giova ricordare quanto precisato dalla Corte di Cassazione (Sezione 3 penale Sentenza 22 dicembre 2016, n. 54531) secondo cui “il reato di cui all'articolo 659 del c.p. è ravvisabile anche in relazione all'abbaiare dei cani, poiché la norma incriminatrice impone ai padroni degli animali di "impedirne lo strepito", senza che possa essere invocato, in senso contrario, un "istinto insopprimibile" ad abbaiare dell'animale per sostenere l'insussistenza del reato”.
Il ragionamento della Corte di Cassazione. Nella vicenda in esame,secondo la Suprema Corte, la responsabilità dell'uomo era fondata anche sulle diverse e convergenti dichiarazioni testimoniali che hanno riferito come il latrato del cane fosse "particolarmente assordante" e superasse i limiti della normale tollerabilità.
A tal proposito, gli ermellini hanno ricordato che ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p., "l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può il giudice fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, si che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità".
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In conclusione, in virtù di tutto quanto innanzi esposto, la Corte di Cassazione Penale con la pronuncia in commento ha condannato Tizio al pagamento di 200 euro di ammenda, più 2mila a favore della Cassa ammende e le spese processuali.
Fonte: www.condominioweb.com